Monastero delle Clarisse "S. Antonio e B. Elena"

Presso il Santuario "S. Antonio al Noce" - Santuari Antoniani Camposampiero (PD) - Italia

Santuario S. Antonio al Noce, Domenica 11 agosto 2024

Sono innumerevoli le cose che potremmo dire su Santa Chiara, ma se ci lasciamo guidare dalle scelte del liturgista, in merito ai brani biblici che abbiamo appena ascoltato, troveremo alcune icone evangeliche che ci aiutano ad entrare dentro l’esperienza spirituale di Chiara.

La prima icona offerta dal profeta Osea ci parla del deserto come la cornice propizia per un fidanzamento. Nel linguaggio biblico il deserto è infatti il luogo del fidanzamento, il luogo dell’alleanza: i profeti parlano del deserto per ricordare a Israele l’impegno che si erano presi con JHWH. Il deserto come punto di partenza e di ri-partenza, dove non ci sono distrazioni, non ci sono ruoli, carrierismi, proprietà. Il deserto è il luogo in cui si riscopre ciò che è essenziale per la vita.

La vita monastica nasce come un ritorno al deserto, che in greco si chiama eremon, per questo la liturgia associa l’icona del deserto e del fidanzamento a Chiara: lei scelse per se il rinnovo dell’alleanza con Dio, per essere tutta per lui. In questo senso Chiara diventa per la Chiesa e per le sue sorelle il modello di chi nella vita sceglie Dio senza altre mediazioni. Nel deserto non c’è nulla se non lei e Dio. Il monastero non fa altro che riprodurre qui e ora il deserto: luogo di essenzialità, di solitudine, ma proprio per questo anche luogo di grande intimità, in cui si può gustare fino in fondo la presenza dello Sposo, senza distrazioni.

La seconda metafora è quella del vaso di creta: qui si coglie in trasparenza la dimensione della povertà creaturale. Chiara fu una donna forte, la prima donna a scrivere una regola per donne, pur ricalcando la regola che Francesco aveva scritto per i frati. Chiara la interpreta a partire dalla sua condizione di donna e di monaca. E scrivendo la forma di vita per le sorelle, Chiara sente importante per sé e per loro, la scelta della povertà che per lei è sempre altissima povertà, cioè la povertà anche in comune, non solo della singola monaca.

Scelta quanto mai problematica per la chiesa dell’epoca e di oggi, in quanto non si capiva come sarebbero sopravvissute delle donne recluse senza una rendita garantita da terreni e proprietà. Su questo punto Chiara fu irremovibile, protraendo per tutta la vita un braccio di ferro con la Santa Sede. La resistenza di Chiara alla fine fu premiata quando a due giorni dalla sua morte Papa Alessandro IV, approvò la Regola che contemplava appunto il Privilegio della Povertà.

Questa caparbietà ha una sua ragion d’essere nel fatto che la condizione di povertà materiale diventa la condizione migliore per sentire Dio vicino e affidare a lui la propria vita.

Diversamente i nostri attaccamenti alle cose, le nostre proprietà diventano gli idoli ai quali sacrifichiamo la nostra vita, come fecero gli ebrei una volta arrivati nella terra promessa.

Non avendo certezza del reddito Chiara e le sorelle possono solo confidare nella divina Provvidenza che si prenderà cura di loro. Questa precarietà rende autentica e pregnante la loro vita quale testimonianza permanente che Dio è fedele alle sue promesse. In questo modo le sorelle povere sperimentano sulla loro pelle, con gioia ma anche con trepidazione, la condizione di essere pellegrine e forestiere in questo modo, dedite a Dio con le mani alzate e dedite ai fratelli con le mani stese per ricevere l’elemosina necessaria al pane di oggi. Domani è un altro giorno e Dio provvederà.

La terza metafora è quella della vite e dei tralci: questa metafora è costruita attorno al verbo “rimanere”. Il discepolo è chiamato a rimanere con il maestro, a stare dalla sua parte sempre e comunque. Questo è quello che ha fatto Chiara, è rimasta a San Damiano tutta la vita e quella stabilitas loci, ossia il dimorare tutta la vita nello stesso luogo, era icona e memoriale della stabilitas cordis, ovvero la stabilità del cuore, la fedeltà della sposa allo Sposo. Rimanere come sinonimo di fedeltà quindi; una fedeltà fatta di ascolto della Parola, di preghiera comune, di orazione silenziosa e segreta, di amore sororale, di attesa fiduciosa dell’azione della Provvidenza.

Solitudine, alleanza, povertà, fedeltà sono certamente parole che descrivono in buona parte l’esperienza spirituale di Chiara e che possono essere vere anche per noi.

Chiara ci invita a fare memoria degli inizi della nostra fede, a vivere con entusiasmo la nostra adesione al vangelo, senza paura di perdere qualcosa o qualcuno, poiché il Signore non smette di avere cura di chi si affida a Lui.

La Chiesa ha bisogno di donne che come Chiara, sappiano fare scelte decise, radicali, magari anche controcorrente ma sempre in obbedienza al vangelo.
Sono passati ormai dodici anni dalla pubblicazione del libro del teologo don Armando Matteo intitolato La fuga delle quarantenni la cui tesi è che la fede, da sempre trasmessa attraverso la mediazione femminile (mamme, nonne, catechiste), ha un destino incerto a causa delle giovani donne che mettono da parte la pratica religiosa per dedicarsi ad altro ritenuto molto più interessante e gratificante che non parlare di Gesù ai propri figli o ai coetanei dei propri figli.

Chiara si pone come modello di credente adulta e responsabile per sé e per le sorelle. Sempre in comunione con il Papa, ma mai in modo ossequioso o dipendente, è rimasta fedele al carisma ricevuto da Francesco pronta a pagare di persona perché aveva scoperto il tesoro nel campo, la perla preziosa.
Allora se le donne, di qualsiasi età, si chiamano fuori dalla comunità cristiana, probabilmente è proprio perché non hanno fatto questa scoperta, non sono state aiutate ad andare al cuore della vita battesimale, non si sono sentite attratte nel deserto e non hanno udito parole piene di verità, di amore, di senso.
Il Signore non smette di attirarci a sé, il vangelo continua ad essere per gli uomini e le donne di oggi una proposta di senso, che allarga e amplifica la vita, che non la rende più facile, ma certamente più autentica e più bella. Tocca alle comunità cristiane testimoniare questo!

È finito il tempo di fare cose, di organizzare eventi, di allestire sagre: sono tutte cose che servono per mantenere le strutture che rischiano di diventare dei bellissimi contenitori a norma di sicurezza, ma con nessuno dentro.

Chiara ci ricorda che bisogna scegliere Gesù, innamorarsi e fare alleanza con Lui, partendo dal vangelo per ritornare al vangelo.

Credo che una delle sue frasi più significative per noi sia proprio questa “L’amore di Lui rende felici”! Questa è stata la sua esperienza, e, se lo desideriamo potrà diventare anche la nostra!

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